Lavoro agile e team building: i falsi miti del lavoro smart ai tempi del Covid

Lavoro agile e team building: i falsi miti del lavoro smart ai tempi del Covid

Il mondo del lavoro era già in una fase di forti cambiamenti ma con gli stravolgimenti della pandemia, del lockdown e dei Green Pass questa evoluzione è avvenuta in tempi molto più rapidi e ristretti. Per questo sono venuti fuori termini che prima riguardavano solo le aziende più evolute e al passo con i tempi e che in molti facevano fatica a comprendere: smart working, remote working, agile working e team building sono solo alcuni esempi. La necessità di poter garantire la continuità lavorativa, tuttavia, ha messo anche le aziende meno progressiste dinanzi all’obbligatorietà di fare un passo in avanti abbracciando questa transizione. E così sono spuntati fuori alcuni “miti” che preferiamo sfatare prima ancora che la rivoluzione del lavoro sia completamente compiuta.

I collaboratori da remoto si isolano

Sbagliato. Anche lavorando da remoto è possibile fare lavoro di squadra come sostiene questa agenzia specializzata in team building Milano. Innanzitutto lavorare in modalità smart, remota o agile non preclude la possibilità di alternare periodi in presenza con periodi a distanza. Durante i periodi di lavoro in sede si potrebbe cogliere l’occasione per fare team building e accrescere il ramo formazione mentre nelle fasi a distanza si potrebbero approfondire altri aspetti. Dopotutto è possibile comunicare tramite software perché, proprio grazie al lockdown, abbiamo compreso che la pandemia ci ha allontanati solo fisicamente.

Il lavoro da remoto rende le persone meno produttive

Si ritiene spesso che chi lavori da remoto sia meno produttivo mentre, chi lavora da casa sostiene tutto il contrario. Chi ha ragione? Entrambi e nessuno. La presenza in ufficio, tra una chiacchiera e un caffè potrebbe essere meno produttiva per taluni mentre il lavoro da casa potrebbe esserlo per altri. Non è l’ambiente a influenzare la produttività ma l’attitudine, la motivazione e la predisposizione mentale del lavoratore. Sembrerebbe anche che i lavoratori da remoto si sentano più oberati di lavoro perché iniziano e terminano prima rispetto a quando si recavano in ufficio. La mole di ore, tuttavia, non ha nulla a che vedere con la produttività perché sappiamo bene quanto tempo possiamo trascorrere a fissare il vuoto a prescindere dall’orario o dal luogo in cui ci siamo seduti alla scrivania.

Il lavoratore da remoto può occuparsi dei fatti personali mentre lavora

Sbagliato anche questo. Il lavoratore da remoto viene spesso idealizzato come un essere in pigiama che tra una telefonata ed una mail pulisce casa, stende il bucato o riordina l’armadio. Si, è possibile che questo accada ma è vero anche che se c’è organizzazione e chiarezza delle regole i lavoratori sono perfettamente in grado di creare una propria routine capace di scindere lavoro e casa.

Anzi secondo un’indagine del Sole 24 Ore le persone più penalizzate da questa incombenza sono le donne. Durante la pandemia abbiamo perso milioni di posti di lavoro al femminile al punto che i media hanno coniato il termine “shecession” per identificare la recessione dell’occupazione in rosa.

Questo è avvenuto perché per le donne è stato preferibile lasciare il lavoro anziché occuparsi di casa e azienda e dimostra proprio come il lavoratore da remoto non sia affatto avvantaggiato con le faccende domestiche… semmai è vero il contrario!